Decostruttivismo (o decostruzionismo) Corrente architettonica impostasi all'attenzione internazionale alla fine degli anni Ottanta del 20° secolo. Il d. si ricollega alle sperimentazioni del costruttivismo russo nel rifiuto netto della purezza formale della tradizione modernista. Sappiamo quindi che la nascita del fenomeno decostruttivista avviene a New York, ad una mostra organizzata da Philip Johnson, sul finire degli anni Ottanta del XX secolo…ma cos’è il decostruttivismo? Si può dire che nasce come reazione al movimento post-moderno e si basa sul rifiuto totale della purezza formale e della geometria euclidea e, quindi, sulla totale mancanza di tutti quegli elementi e di quelle strutture considerate, fino a quel momento, parte integrante di quest’arte. Si disegnano, allora, edifici dove il “caos” fa da padrone, dove le strutture sembrano sempre instabili, tagliate, scomposte e disarticolate,  dove gli spazi si compenetrano e i materiali si torgono e si piegano al loro massimo, dando appunto l’aspetto di qualcosa che possa crollare da un momento all’altro. Sono architetture fantastiche dove l’ordine e il disordine convivono. Per permettere la massima plasticità dei volumi, sono necessari tutti quei materiali considerati high tech e tecnologicamente avanzati, come il vetro, il cemento armato e l’acciaio. Esiste però un filone comune a tutti questi esponenti: prima di tutto, la teoria decostruttivista del francese Jacques Derrida e, poi, le ricerche condotte dagli architetti russi negli anni Venti del XX secolo, che furono i primi a rinunciare all’idea di equilibrio e di unità che stavano alla base della composizione classica. Questo fu il precedente storico che gli architetti decostruttivisti come Zaha Hadid, Frank O. Gehry, Rem Koolhass, Daniel Libeskind e Peter Eisenman si trovarono ad abbracciare e ad esasperare. Tra queste archi-star, Gehry è forse il maggiore fra gli architetti decostruttivisti anche se, non lo sentirete mai ammetterlo pubblicamente.

Comune alla ricerca dei decostruttivisti è l'interesse per l'opera dei costruttivisti russi degli anni venti del Novecento, che per primi infransero l'unità, l'equilibrio e la gerarchia della composizione classica per creare una geometria instabile con forme pure disarticolate e decomposte. È questo il precedente storico di quella “destabilizzazione della purezza formale” che gli architetti decostruttivisti esasperano nelle loro opere attuando così un completamento del radicalismo avanguardistico costruttivista. Da ciò scaturisce la cifra “de” anteposta al termine costruttivismo, che sta a indicare la “deviazione” dall'originaria corrente architettonica presa a riferimento.

 

Dopo il periodo postmoderno (anche se, per ironia, entrambi i movimenti, seppur antitetici, sono stati promossi da Philip Johnson) il decostruttivismo riconduce la ricerca architettonica nel filone iniziato dal Movimento Moderno, anche se alcuni critici ritengono comunque il decostruttivismo come esercizio puramente formale, dove sono assenti quei temi sociali che erano propri del Movimento Moderno. Molti critici annoverano tra i maggiori architetti decostruttivisti Frank O. Gehry, noto per il Guggenheim Museum di Bilbao, anche se Gehry stesso ha sempre dichiarato di non sentirsi decostruttivista.

 Il decostruttivismo è forse l'ultimo, in ordine di tempo, degli "stili internazionali" in architettura.

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Liceo Artistico Musicale Foiso-Fois Cagliari